Ai per studiare denti fossili di squali del Pliocene


Un gruppo di ricerca multidisciplinare che include esperti dell’Istituto di Fisica Applicata "Nello Carrara" (Cnr-Ifac), dell’Università di Pisa, del Museo Paleontologico GAMPS di Scandicci e del Dipartimento di Computer Science dell'Università di Cambridge, ha adottato un nuovo approccio di studio basato sull’Intelligenza Artificiale per analizzare i denti fossili di squali del Pliocene, trovati nella campagna toscana. I fossili testimoniano la vita marina del periodo compreso tra 5 e 2,5 milioni di anni fa, quando gran parte della regione, soprattutto l'area di Siena, era sommersa da un mare profondo e ricco di pesci, alcuni dei quali oggi estinti. I primi risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Bollettino della Società Paleontologica Italiana. Andrea Barucci del Cnr-Ifac ha spiegato che “gli algoritmi di intelligenza artificiale analizzano con grande precisione i dettagli dei fossili, aiutando i paleontologi a individuare somiglianze e possibili connessioni tra le forme dentali, facilitando così il confronto tra generi risalenti al Pliocene”. Questo risultato non solo evidenzia la versatilità degli strumenti di intelligenza artificiale, ma apre anche nuove possibilità per migliorare e automatizzare i processi di studio in questo ambito. 

Denti preistorici

La ricerca si avvale della straordinaria collezione di denti di squalo pliocenici del Museo GAMPS di Scandicci. Simone Casati, paleontologo e presidente del GAMPS, ha spiegato che “nel Pliocene, al posto dei campi coltivati, c’era un mare tropicale popolato da squali di varie dimensioni, alcuni dei quali ormai estinti, che vivevano in un ambiente ricco di cibo. Come accade oggi, questi predatori marini perdevano e sostituivano i denti rapidamente, un fenomeno evolutivo che garantiva loro alta efficienza nella caccia. Si stima che alcune specie di squalo possano perdere fino a 30.000 denti durante la loro vita; i denti, cadendo, si depositavano nei fondali marini, che oggi sono emersi, permettendoci di ritrovarli e di studiare un ambiente del passato completamente diverso da quello attuale”. Il territorio ha restituito anche resti di balene, delfini e dugonghi che nuotavano in quei mari. Tra le specie rinvenute c'è il Chlamydoselachus lawleyi, noto come squalo dal collare, oggi rarissimo e che vive fuori dal Mar Mediterraneo, in acque profonde tra i 200 e i 1.200 metri. Questo squalo presenta caratteristiche morfologiche uniche, come il corpo anguilliforme e una dentatura tricuspidata. Alcuni dei denti studiati sono visibili al Museo. Identificare con precisione i reperti è cruciale per ricostruire il paleoambiente e ottenere preziose informazioni sull’ecosistema del passato.

Fonte: CNR


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