Condivisione dei dati genomici, il richiamo del mondo della medicina: «Importante per lo sviluppo di nuovi vaccini»
Un articolo scientifico su cinque tra il 2016 e il 2019 non ha rispettato la
prescrizione della condivisione dei dati genomici e metagenomici
pubblicati o utilizzati nello studio, creando un danno al progresso
scientifico globale e alla credibilità della scienza. Una ricerca condotta dal Gruppo di ecologia molecolare (Meg)
dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr di Verbania, supportata da molti studiosi impegnati
nella lotta all’antibiotico-resistenza. Un campo nel quale questo
problema limita la conoscenza delle
caratteristiche dei tanti e diversi geni che conferiscono le resistenze
agli antibiotici, configurandosi come un ostacolo al progresso della medicina moderna.
«La condivisione dei dati genomici e metagenomici è una buona
pratica ed è obbligatoria da tempo per le azioni di “open data” di molti governi e per le publishing policies di tutti i principali editori - spiega Gianluca
Corno del Cnr-Irsa - poiché
permette di meglio valutare la qualità biologica, bioinformatica e
statistica delle analisi prodotte, consentendo l’accesso al dato
originale».
Negli ultimi anni i ricercatori non hanno inserito le informazioni nei databases e il mondo scientifico ha richiamato l'attenzione a una maggiore
accuratezza e cooperazione. Un articolo senza questi dati non permette
di individuale l’eventuale errore, malafede e/o superficialità di tutti i
soggetti coinvolti nella pubblicazione. In questo periodi si assiste però ad una maggiore condivisione delle informazioni metagenomiche che ha permesso a molti centri di
ricerca a livello mondiale di lavorare a vaccini e altri farmaci.
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